Si chiamerà Francesco

Rosario Carello, conduttore di “A sua immagine” ha così commentato in questi giorni il gesto del nostro Papa, Benedetto XVI e ha anche dato la sua personale visione di ciò che potrebbe essere il futuro della Chiesa da qui a breve. Parole che a mio avviso contengono un messaggio forte, limpido e soprattutto che ci fanno capire quanto Benedetto XVI ci abbia insegnato in questi anni e ancora più adesso, non solo nel suo ruolo di insegnate e teologo, ma ancora di più nel suo ruolo di fedele di Cristo. 

<<Il prossimo Papa si chiamerà Francesco. Avrà quel vigore del corpo e dell’animo che Joseph Ratzinger dice di non avere più. Il prossimo Papa custodirà attentamente la voce di Dio che gli parlerà con solo sei parole: «Va’ e ripara la mia chiesa!». Il prossimo Papa si affaccerà su piazza San Pietro conoscendo a memoria l’urlo di Ratzinger: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui» (2005). «Purtroppo il “mordere e divorare” esiste anche oggi nella Chiesa» (2009). «Abbiamo visto che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario e abbiamo pensato: “Il Signore dorme e ci ha dimenticato?» (2012).
Il prossimo Papa avrà una devozione, se l’espressione si può usare nei rapporti umani, per il suo predecessore. Spezzerà con la durezza dello sguardo i consigli curiali di chi vorrebbe convincerlo che sia bene convincere l’Emerito a lasciare il Vaticano. Il prossimo Papa saprà che la sua vera banca non è lo Ior ma proprio l’Emerito, cuore orante nel cuore pulsante del Vaticano (ricordate S. Teresa di Lisieux?). Il prossimo Papa chiederà a Ratzinger consigli, sperimentando con questa diarchia dei fatti un embrione di collegialità del papato, che poi certamente evolverà in forme più complesse, come tutti hanno sempre invocato, ma diciamo la verità, non sapevamo nemmeno da dove cominciare. Il prossimo Papa riformerà la Curia? Sì, per non esserne riformato. Saprà che è «affaticata e stanca», perché lo ha detto Ratzinger, ma lo capirà da solo e subito. Il prossimo Papa sarà più libero di Ratzinger perché Ratzinger si è già preso, come un parafulmine, il peso di tutti i paragoni e i paralleli possibili con il carisma personale di Wojtyla. Il (un) prossimo Papa non sarà europeo ma, al contrario di quello che scrivono gli apocalittici, non sarà una tragedia ma una fortuna per la Chiesa e per il mondo. L’Europa è terra stanca, esaurita, abbisogna di riposo, di rigenerazione, di essere nuovamente fecondata. L’Europa è terra di missione, non più di missionari.
Il (un) prossimo Papa, non europeo, darà la sveglia a questo continente che ha tutti gli indici (spirituali, culturali, morali, politici, economici, demografici) in crisi.
Il prossimo Papa si chiamerà Francesco. Ma potrebbe anche chiamarsi Francesco Joseph, col nome di battesimo del predecessore, unico padre della Chiesa vivente. Che non ha fatto un passo indietro ma un passo accanto.>>

Dal convegno nazionale degli Educatori di AC: l’impegno socio-politico nelle nostre generazioni (2 parte)

“Quali sono i modi in cui possiamo aiutare i giovani a capire la loro importanza in ambito socio-politico?”

Con questa domanda è continuato l’intervento del gruppo omonimo dopo che ci hanno chiesto di dividerci fra educatori giovanissimi ed educatori giovani. Nei sottogruppi infatti avremmo avuto modo ed opportunità di parlare, analizzare e confrontarci sulle possibilità che ciascuna fascia di età ha e ovviamente su come poterli accompagnare in quei percorsi. A questo sarebbe dovuto servire il gruppo di soli educatori giovani.. mi trovo così assieme a consiglieri comunali, alcuni che operano nelle forze dell’ordine, altri che si stanno per candidare in politica o che lo hanno fatto; operatori all’interno del comune, un’insegnate, qualcuno che lavora in banca e qualche studente di scienze politiche.. “WOW!”, è stato il mio primo pensiero mentre facevamo un rapido giro di nomi per conoscerci e sapere da dove venivamo; il secondo ovviamente è stato notare come in realtà sembrassi un pesce fuor d’acqua in quel piccolo ed eterogeneo gruppo di persone, tutte ovviamente collegate al tema della nostra discussione, chi più e chi meno certo, ma tutte dimostravano presentandosi di aver fatto una scelta di vita forte ed intensa mettendo le loro persone ed individualità a servizio del “bene comune”. Per queste persone queste 2 parole non si collegano solamente ad un valore e concetto astratto legato al fine stesso della politica, ma vi vedono quello per loro sicuramente più importante della cura verso i propri fratelli, verso la propria gente; mentre parlavano leggevo nelle loro parole la comunione che essi avvertivano e sentivano nel vivere la propria fede mettendo la loro persona a servizio degli altri per un bene comune, qualcosa che va al di là dei discorsi partiteci e che invece prende piede e si riscontra all’interno della dottrina sociale della chiesa, quella strana cosa di cui tutti a volte sentono parlare quando in un discorso compaiono le parole “cristiani” e “politica”, ma di cui nessuno sa davvero qualcosa o che nessuno ha mai letto o si propone di leggere. Devo dire che è successo anche a me quando più volte mi è stato consigliato di leggere la Dottrina Sociale della Chiesa (o almeno il suo compendio) e forse tra le solite scuse o tra gli esami da preparare mi sono sempre trovato a giustificarmi nel non leggere… Mi rendevo conto di essere io uno di quei giovani che non si era mai avvicinato alla politica né si era soffermato più di tanto a riflettere sul proprio impegno sociale nel senso più ampio del termine.. In quel momento quel gruppo parlava proprio DI quelli come me, come potevamo essere avvicinati a questo mondo? Tutti i presenti erano all’incirca miei coetanei e c’era anche qualche adulto, erano educatori di gruppi giovani di AC nelle loro realtà e per di più erano loro stessi testimoni della nostra fede e coscienza socio-politica “Sai che roba che tirano fuori adesso!” Curiosità e anche un po’ di eccitazione.

I relatori ci chiedono alla fine del giro di trovare soluzioni e modi con cui avvicinare i giovani a questo aspetto sempre più trascurato e da lì in poi la mia curiosità si è tramutata in delusione: iniziano le discussioni riguardo all’importanza del nostro voto, al fatto che i ragazzi che vanno a votar e per la prima volta non sano cosa fare e lo fanno casualmente svalutando il loro reale potere, non c’è coscienza nei ragazzi nemmeno nell’ambito della scuola visto il modo in cui progettano e sfruttano le assemblee scolastiche, i ragazzi non hanno voglia di avvicinarsi al tema… Ma non era ancora finito questo scambio di “esperienze”, il peggio doveva ancora venire. Qualcuno cita la propria esperienza riguardo all’aver votato alle primarie: la gente non ne capisce l’importanza, gli italiani non capiscono quello che succede nella politica, “quanti sono andati a votare?”, “Quanti votano nei momenti di elezione?”, “Il candidato migliore? Ovvio è..”, insomma scusate la franchezza, ma mi trovo in mezzo alla fiera delle banalità. più volte i relatori cercano di riportare la discussione al vero argomento fino a quando qualcuno non esce fuori dicendo “ma io non ho un gruppo giovani in parrocchia” seguito dalla quasi totalità degli altri.

Sono pochi i gruppi giovani di AC di cui ho saputo l’esistenza, sono praticamente nulli quelli che trattano di impegno socio-politico; ogni parola venuta fuori dal sottogruppo parlava di realtà di giovanissimi e non di giovani. Ecco allora che mentre agognavo di poter uscire da quella stanza mi sono posto solamente due domande; la prima: possibile che quando iniziamo a parlare di giovani, cioè di noi stessi e di quello che dovrebbe essere il nostro cammino, la nostra formazione, il nostro cambiamento, finiamo invece sempre per parlare di giovanissimi e dei ragazzi che seguiamo come educatori? Siamo davvero così ciechi da travisare il nostro ruolo?

La seconda più che una domanda è una impressione, che vuole divenire motivo di discussione con chi leggerà questo articolo: “come avvicinarci al socio-politico se coloro che te lo chiedono finiscono per parlare di banalità, quasi per frasi fatte ormai?”

La discussione sicuramente non è stata quella che mi ha colpito, non sono state risposte concrete o anche solo ideali alla domanda da cui siamo partiti, ma il contesto e le persone stesse sono state le cose che mi hanno fatto maggiormente riflettere.

Mauro Polvani

Dal convegno nazionale degli Educatori di AC: l’impegno socio-politico delle nostre generazioni (1 parte)

Nella giornata di Sabato pomeriggio si sono svolti vari laboratori di riflessione, con  l’obiettivo di confrontare le diverse opinioni sulle realtà, per poi consigliarsi vicendevolmente per un maggior progresso nell’ambito scelto. La mia decisione, se pur da diciassettenne, è stata quella di intraprendere una discussione sul laboratorio socio-politico; anche se molto distante ancora da me, il discorso mi ha interessato per poi sfociare anche nella vita quotidiana, cioè quella scolastica.

Nella prima parte di discussione generale, vari punti hanno svegliato in me delle riflessioni, la prima è stata una citazione dei relatori: “muoversi in politica per una nostra vocazione, per il bene comune e dell’insieme”. Senza fare anti-politica, oggi come giovanissimo non vedo questo senso di “bene collettivo”. I pensieri che sento sono sempre contro la cittadinanza e sulle agevolazioni per chi invece sta al di “sopra”; non possiamo crearci un mondo migliore solo per noi, perché la politica è l’unico mezzo che può creare cambiamento e progresso nella società. La vocazione quindi comprende si una consapevolezza di responsabilità e organizzazione personale ma anche un sentimento di carità e di aiuto verso il prossimo. Vengono stilati programmi elettorali da politici per una sicura elezione, quando sappiamo bene che i veri protagonisti ed interessati sono, famiglie, associazioni di volontariato e le aziende che mandano avanti la baracca, senza aver nulla  in cambio dalla politica, solo la burocrazia che è d’intralcio per uno sviluppo.

L’altro punto che sento ancor più vicino è quello di una educazione sulla cittadinanza: essere attivi, affinché il cittadino possa partecipare in qualunque modo al progresso della società. Da ragazzo che frequenta la scuola questa educazione alla cittadinanza viene vista e osservata poche volte, si ha un’avvicinamento solo quando ci sono le elezioni scolastiche dei rappresentati di classe e di istituto, per il resto sento molte nozioni di conoscenza che vengono infuse negli alunni, senza mai molto soffermarsi sull’aspetto della nostra vita, di come viviamo da cittadini o come portare avanti i propri ideali nella società, insomma non c’è un’agevolazione su questo contesto nel mondo scolastico. Collegandomi ad un ultimo spunto, anche l’Azione Cattolica non può sottrarsi ad una azione politica. Ritengo che sia obbligatorio che questa associazione debba mettersi in campo nell’ambito politico, perché potrebbe garantire un serbatoio di spiritualità, in un mondo dove oggi è difficile pensare al bene interiore e altrui, piuttosto che quello esteriore ed egoistico. Per cercare di scavalcare queste difficoltà, cioè gli ostacoli sul rapporto tra giovani e politica, dobbiamo lavorare in unità con il mondo della scuola e portando anche all’interno dei nostri paesi un dibattito sull’ambito socio-politico, attraverso percorsi formativi, autogestioni mirate o un vero e proprio movimento, cioè andando a scavare nelle realtà. Con la scuola sicuramente attraverso una collaborazione con il MSAC (Movimento Studenti di Azione Cattolica) potranno essere affrontati più facilmente questo tipo di argomento.

Per un impegno socio-politico ci vuole intelligenza, responsabilità, dedizione e amore; perché solo ed attraverso l’amore si può comprendere che la politica si presenta come la più grande forma di carità nel nostro mondo.

Gianluca Finocchi

Ritiro spirituale di AC

Amici cari, è il momento giusto per pensare a una sosta, una pausa da tutto per mettere ordine nei nostri pensieri. Come anticipato da mesi vi confermo che nella data 12 e 13 gennaio l’Azione Cattolica diocesana organizza due giornate di spiritualità, sul modello degli esercizi spirituali, presso il Seminario di Arezzo.

Vi comunicheremo a breve l’orario esatto delle due giornate, ma se il predicatore sarà disponibile, l’inizio sarà previsto per le ore 9,00 e la conclusione di ciascuna delle due giornate per il tardo pomeriggio max le 18. Ognuno avrà la possibilità di partecipare all’esperienza secondo la propria disponibilità, anche parziale, nei due giorni.

La possibilità di dormire presso il Seminario è legata alla disponibilità delle camere, ma se ci sono persone che desiderano rimanere anche per la notte ci informino e cercheremo di verificarne la possibilità.

In Presidenza abbiamo parlato sempre di “occasione unitaria” di incontro dei settori giovanissimi/giovani e adulti e anche questa iniziativa fa parte di queste occasioni. Spero che sapremo cogliere la possibilità di vivere insieme una esperienza spirituale “forte”.

Per le prenotazioni, informazioni ecc.

RESPONSABILI SETTORI

COORDINAMENTO Angela Buracchi TEL 347 7279081, EMAIl angela.buracchi@gmail.com; Denise Pulcinelli TEL. 3200922814, email denisepulcinelli@gmail.com; MAURO POLVANI tel. 3495838434, email polvani4@libero.it

 

 

Maturi nella Fede?

Sulla scia degli ultimi incontri che abbiamo vissuto, vogliamo soffermarci a riflettere sulla maturità della nostra fede. L’invito ad andare “a due a due” che Gesù ci ha lasciato non può essere sufficiente se non è accompagnato da una crescita nella nostra fede che ci renda ADULTI non solo anagraficamente ma anche in modo efficace come testimoni credibili e veri. Per questo vogliamo riflettere sul quarto capitolo della lettera pastorale del nostro Arcivescovo Riccardo Fontana alla ricerca di ciò che davvero ci rende “maturi” e utilizzeremo altresì il Progetto Formativo “Perchè sia formato in voi” alla ricerca della nostra regola di vita e di evidenziare le difficoltà che comporta il “crescere”. Vi aspettiamo all’incontro che si terrà a Pescaiola, il 16 Dicembre ore 17 circa e intanto vi chiediamo… siamo davvero “maturi nella fede”?